Zaccaria nel Tempio:

apparizione dell'Angelo

 


Luca 1
Annuncio dell’Angelo a Zaccaria, 
nascita di Giovanni.

Il Vangelo di Luca inizia il suo racconto descrivendo una importante cerimonia che veniva officiata dal sacerdote Zaccaria nel Tempio di Gerusalemme.
 
Non è specificato quale fosse tale festa, ma alcuni aspetti sembrano indicarne una in particolare.

Il primo è che tutto il popolo era in attesa e in preghiera fuori dal Tempio:

[1:10] Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso. 

Qui viene usata la parola greca παν (pan), che da alle parole "tutta l’assemblea" il significato di: intera popolazione di Gerusalemme:

και παν το πληθοξ, (letteralmente: e tutta la moltitudine).

Il secondo è che tale funzione durava alcuni giorni:

[1:23] Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. 

Il terzo è che durante questa funzione Zaccaria non abitava nella sua casa:

[1:23] Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. 

Il quarto particolare è la risposta che l’Angelo dà a Zaccaria:

[1:13] Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita…”

Poiché l’Angelo annuncia a Zaccaria che avrebbe avuto un figlio sembrerebbe logico ritenere che tale fosse la risposta alla sua preghiera, ma a quell’annuncio Zaccaria rimane stupefatto e incredulo, infatti risponde:

[1:18] Zaccaria disse all'angelo: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni". 

Questo sembra escludere che la sua preghiera riguardasse la richiesta di un figlio, inoltre sarebbe incomprensibile come un sacerdote nel Tempio di Gerusalemme, mentre sta officiando una importante funzione sacra, potesse fare richieste così personali.

Volendo pensare che l’Angelo porta a Zaccaria tale annunzio rispondendo ad una sua antica preghiera viene da chiedersi come mai sia stato mandato proprio in quella determinata occasione.

E allora qual è questa preghiera di Zaccaria alla quale l’Angelo porta tale risposta?

Prima di rispondere a questa domanda è necessario collegare i tre particolari sopra riportati ad una specifica festa ebraica: lo Yom Kippur.

Il giorno di Yom Kippur è la più importante tra tutte le feste ebraiche.

In questo giorno il popolo chiedeva a Dio di perdonare i loro peccati commessi nel corso dell’anno precedente. 
Forse a noi questo farà un po’ sorridere, ma fuori dal Tempio veniva appeso un drappo di stoffa rossa, che se Dio avesse accolto la richiesta del popolo fatta tramite il loro sacerdote nel Tempio sarebbe diventata bianca. Questo in virtù della Scrittura: 

[Isaia 1:18] …Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. 
Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana.


Questo è il motivo per il quale tutto il popolo (ma letteralmente tutto - παν, pan -) era in attesa del responso divino (primo particolare).

La festa dello Yom Kippur dura otto giorni, ed il giorno più importante è l’ultimo.
Questo si adatta bene al secondo particolare (il servizio che durava alcuni giorni).

Il sacerdote che doveva officiare il servizio per tutta la durata della festa era prelevato dalla sua casa tra grandi onori, e trasferito in un apposito luogo del Tempio, dove rimaneva fino al compimento del suo servizio.
Qui abbiamo il terzo particolare (il ritorno del sacerdote alla sua casa alla fine del suo servizio).

La preghiera principale che il sacerdote rivolgeva all’Altissimo in tale giorno è già stata accennata: chiedeva che i peccati del popolo fossero perdonati.

Questa è la preghiera che Zaccaria rivolge a Dio e dal quale, quell’anno, ottiene immediata risposta per mezzo dell’Angelo.

Dio avrebbe perdonato i peccati dell’uomo, non mediante un ripetuto sacrificio annuale, ma attraverso “Il Sacrificio”, nel quale il proprio sangue sarebbe stato versato come prezzo per tutti i peccati.

A tal fine avrebbe mandato al popolo di Israele un figlio a Zaccaria, che:

[1:15] … sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre 
[1:16] e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. 
[1:17] Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto". 


Agli aspetti particolari sopra citati se ne aggiunge un quinto, cioè l’ora dell’incenso mentre tutto il popolo pregava fuori dal Tempio.
Proprio a motivo della precisazione che tutto il popolo pregava fuori dal Tempio non è verosimile che si trattasse dell’ordinaria offerta dell’incenso che veniva fatta giornalmente, al mattino e alla sera.

[1:10] Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso. 

Il noto esponente israelita Rabbì Abravanel (o Abarbanel) vissuto nel quindicesimo secolo e studioso degli usi e costumi ebraici dei tempi antichi descrive l’offerta dell’incenso fatta nel giorno di Yom Kippur come:
“il servizio più difficile (da eseguire) nel Beith Hamikdash (il Tempio), perché era fatto in modo diverso da quello di tutti gli altri giorni” 
[dal testo: The Abarbanel, on the Yom Kippur service in the Beis Hamikdash, Autore: R. Yitzchaq Abarbanel, Tradotto in inglese da: Rabbi Elimeleck Lepon (1990), Edito da Targum Press Inc. (USA), pag. 15 e segg.].

L’offerta dell’incenso veniva fatta in questo giorno nel Santo dei Santi, la parte più sacra del Tempio nel quale solo il Sommo Sacerdote poteva entrare una volta all’anno, nel giorno di Yom Kippur. In tale giorno entrava ed usciva nel Santo dei Santi quattro volte.

Curiosità: poiché nessuno, assolutamente nessuno al di fuori del Sommo Sacerdote poteva entrare per nessuna ragione nel Santo dei Santi, la tradizione ebraica (o forse la leggenda) riporta l’uso di assicurare la gamba del Sommo Sacerdote ad una fune, nel caso che per qualche motivo morisse in tale luogo.
Alcuni sostengono che questa sia solo una leggenda nata in epoca medioevale, ma lo stesso rabbì Abravanel nel testo citato afferma che alcuni Sommi Sacerdoti avevano perso la vita durante tale servizio, per indegnità (così sostiene) o per aver commesso errori nella ritualità.

Se fosse accertato, al di là di ogni dubbio, che tale festività era proprio il giorno del Yom Kippur le implicazioni sarebbero enormi, perché significherebbe che Dio, nel suo Tempio Santo, nel giorno più santo dell’anno ha parlato ai figli di Israele preannunciando la venuta del loro Messhiah.
 

 

 

Nota aggiuntiva, Febbraio 2021.

Se il sesto mese di cui parla l’evangelista Luca (1:26) non è il mese successivo al quinto di cui parla nel verso precedente (1:24), ma è riferito al sesto mese dell’anno in corso, allora si avrebbe una conferma diretta che la festa durante la quale il sacerdote Zaccaria riceve il messaggio dell’angelo nel Tempio non poteva essere altro che il giorno dello Yom Kippur.
Questo perchè l’Angelo dell’Annunciazione informa la Vergine Maria, a proposito di santa Elisabetta, che: “...questo è il sesto mese per lei...” (Luca 1:36).
Se il sesto mese dell’anno era anche il sesto mese della gravidanza di Elisabetta, ne consegue che Elisabetta era rimasta incinta nel primo mese dell’anno, che è appunto il mese (ebraico) in cui si celebra la festa dello Yom Kippur.

Ripeto che se il messaggio dell’angelo Gabriele al sacerdote Zaccaria è avvenuto nel Tempio di Gerusalemme, nel giorno di Yom Kippur, questo avrebbe delle conseguenze dirette e profonde nell’ebraismo di oggi.

Paolo, l’apostolo e l’ebreo.

In almeno tre punti nelle lettere dell’apostolo Paolo si trova la locuzione “secondo il mio vangelo”.

Cosa intende?

Intende dire in modo vago: secondo le cose che ho saputo io, oppure intende proprio e letteralmente secondo il “suo” Vangelo, cioè un Vangelo scritto giunto fino a lui, se non addirittura un Vangelo scritto appositamente per lui?

Potrebbe forse trattarsi del Vangelo di Luca, “il caro medico”?

Nella seconda lettera a Timoteo, verso 2:8, Paolo scrive:
“[8]Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo,”

della stirpe di Davide”, come appunto ci riferisce il Vangelo di Luca 1:27 “...promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe....”.

Il Teofilo (Luca 1:3) per il quale è stato scritto il Vangelo dal medico Luca, è un nome o un sostantivo? Perchè Teofilo significa letteralmente amico di Dio, e potrebbe essere stato scritto e intenzionalmente dedicato proprio da Luca all’Apostolo Paolo.

Nel capitolo undicesimo della lettera ai Romani è sempre stata letta la conversione del popolo ebraico prima della fine dei tempi.

L’Apostolo Paolo, l’ebreo Saulo e discepolo di Gamaliele, sapeva che il segreto di tale conversione era contenuto proprio nella parte iniziale del “suo vangelo”?

In attesa di nuovi sviluppi o scoperte, al momento, resta solo un’ipotesi.

Amen.