I Farisei da Pilato nel giorno di Pasqua

Matteo 27:62
In piena festa di Pasqua i Sommi Sacerdoti 
vanno da Pilato.

[27:62] Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo: 
 
In questo vero sorgono alcuni dubbi.
 
Il primo è che ci si chiede: perché i Sommi Sacerdoti, certo non sprovveduti, avrebbero lasciato per tutta la notte tra il venerdì e il sabato il corpo di Gesù nel sepolcro non sorvegliandolo, e lasciando tutto il tempo materiale ai discepoli per trafugare il corpo e sostenerne l’avvenuta resurrezione? I Farisei infatti temevano questa possibilità più della stessa predicazione viva di Cristo [Matteo 27:64 “…quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!”].
 
Temevano Cristo più da morto che da vivo.
 
A questa domanda ci risponde direttamente l’Apostolo Paolo che arringando il popolo afferma che furono gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi che:

[Atti 13:29] Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.

In accordo con queste parole dell’Apostolo furono gli abitanti e i capi del popolo che lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. 
Questo suggerisce appunto un controllo continuo da parte dei Farisei, dal momento della morte fino alla sepoltura di Cristo, fermo restando che la deposizione dalla croce e la sepoltura avvenne materialmente da parte di Nicodemo e Giuseppe di Arimatea [Giovanni 19:38-42].
Facilmente presumibile dunque che nonostante la richiesta ufficiale a Pilato fu fatta il giorno successivo alcune guardie e uomini del Tempio avessero già iniziato, da subito ed in modo discreto, a fare la guardia al corpo di Cristo.

Il secondo problema di questo verso di Matteo 27:62 è il seguente:
poiché il giorno successivo alla morte di Cristo era Pasqua alcuni sostengono che i Sommi Sacerdoti e i Farisei in genere non sarebbero mai andati da Pilato, per timore di contaminarsi proprio nel giorno della Pasqua.

La festa della Pasqua vera e propria era iniziata al tramonto del giorno precedente, sia quindi i Sommi Sacerdoti che i Farisei che il popolo avevano già celebrato la festa la sera prima.
La temuta (presunta) contaminazione non poteva certo avere effetti retroattivi, pertanto la Pasqua era già stata celebrata santamente e sporcarsi andando da Pilato non era più un gran problema.

In secondo luogo, anche ammesso che i Farisei si fossero recati da Pilato prima della festa avrebbero sempre potuto godere dei benefici della Pasqua il mese successivo, durante la Pesach Shenì.

Pesach Shenì significa seconda Pasqua, ed era una specie di Pasqua di riserva che veniva celebrata esattamente un mese dopo a quella ufficiale.

Era una Pasqua a tutti gli effetti, tanto che fu istituita da Mosè stesso.

Il problema era questo: capitava spesso che per vari motivi, in particolare i pastori ma anche gente comune che aveva a che fare con i defunti, si trovasse in giorno di Pasqua lontano da casa o in condizioni di contaminazione (proprio il caso di chi doveva seppellire un morto).
Questi sollevarono il problema davanti a Mosè dicendo: perché noi non abbiamo potuto godere dei benefici della Pasqua?
Mosè, ritenendo legittima questa osservazione, stabilì che esattamente lo stesso giorno del mese successivo si sarebbe celebrata la Pesach Shenì, e che quindi tali problemi sarebbero stati ovviati.

I Farisei avevano veramente un gran timore che questo Gesù e i suoi discepoli avrebbe potuto spingere le autorità romane alla distruzione dell’intera nazione, la posta in gioco era enorme.

Da questa angolazione contaminarsi nel giorno di Pasqua, per di più a festa già celebrata, non poteva essere considerato un grosso problema, ed ecco che i Farisei vanno da Pilato in questo giorno.

Alcuni poi si pongono la domanda di come fosse possibile che i Farisei si siano ricordati della minaccia della resurrezione di Gesù solo dopo averlo fatto crocifiggere:

[27:63] "Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. 

Porsi tale domanda significa non tenere conto degli aspetti emotivi di tutti i personaggi della vicenda. Il fatto che i Farisei dicano a Pilato … ci siamo ricordati, non significa che in quell’attimo fosse loro tornato in mente tale problema, ma che quello era il momento giusto per chiedere a Pilato questo ulteriore sforzo.

Pilato per tutto il tempo del processo a Gesù, quando fu costretto dai Sommi Sacerdoti a condannare un innocente e fino alla sua morte, era arrivato al limite della sua (poca) pazienza, e provocarlo ulteriormente con tale richiesta poteva compromettere la fase più importante, cioè la sua decisione di farlo crocifiggere.
Già con Gesù crocifisso la risposta di Pilato ai Farisei che gli chiedevano di cambiare le parole sul motivo della condanna appesa sulla croce lascia trasparire il nervosismo del Procuratore romano.

I Farisei, prudentemente, aspettano il momento giusto. Un passo per volta.